Non fatevi ingannare, anche l’intelligenza artificiale è già nelle mani delle Big Tech

05/12/2023 14:42
Non fatevi ingannare, anche l’intelligenza artificiale è già nelle mani delle Big Tech

Microsoft, Amazon e altre grandi aziende, grazie al dominio della piattaforma, possiedono e controllano gli ingredienti necessari per sviluppare e distribuire l'IA su larga scala e le capacità di lobby per influenzare l'agenda politica, come hanno fatto in molti altri settori. A meno che…


Fino alla fine di novembre, quando si è consumata la saga del Consiglio di amministrazione di OpenAI, qualcuno poteva pensare che l'industria dell’intelligenza artificiale generativa (IA) fosse un vivace ecosistema competitivo.

Ma non è così, né lo è mai stato. E capire il perché è fondamentale per comprendere cosa sia l'IA e quali minacce rappresenti. In parole povere, non c'è IA senza Big Tech. Con pochissime eccezioni, ogni startup, nuovo concorrente e persino laboratorio di ricerca sull'IA dipende da queste aziende. Tutte si affidano all'infrastruttura informatica di Microsoft, Amazon e Google per addestrare i loro sistemi e alla vasta portata del mercato consumer di queste stesse aziende per distribuire e vendere i loro prodotti di IA. A scriverlo su MIT Technology Review, il media della prestigiosa università americana sono Amba Kak e Sarah Myers West, rispettivamente consigliere esecutivo e direttore generale dell'AI Now Institute, un think tank politico di New York che si occupa di intelligenza artificiale, e Meredith Whittaker, presidente di Signal, principale consulente dell'istituto.

Proprio sulla base della loro esperienza, gli autori sottolineano come già oggi molte startup si limitano a concedere in licenza e a ribattezzare i modelli di IA creati e venduti da questi giganti tecnologici o dalle loro startup partner. Questo perché le grandi aziende tecnologiche hanno accumulato vantaggi significativi nell'ultimo decennio. Grazie al dominio della piattaforma, essi possiedono e controllano gli ingredienti necessari per sviluppare e distribuire l'IA su larga scala. Inoltre, modellano le strutture di incentivo per il settore della ricerca e dello sviluppo dell'IA, definendo il presente e il futuro della tecnologia.

La recente saga di OpenAI fornisce una potente dimostrazione di ciò che gli autori hanno analizzato nell'ultimo mezzo decennio: chi ha i soldi fa le regole. E in questo momento sono impegnati in una corsa rischiosa, rilasciando sistemi prima che siano realmente pronti, nel tentativo di mantenere la loro posizione dominante.

Un problema per la democrazia

La concentrazione del potere non è un problema solo per i mercati, sostengono i tre commentatori, affidare l'infrastruttura di base a pochi attori aziendali non responsabili è un problema per la democrazia, la cultura e l’agenda individuale e collettiva. Senza un intervento significativo, il mercato dell'IA finirà solo per premiare e rafforzare le stesse aziende che hanno raccolto i profitti del modello di business della sorveglianza invasiva, che ha alimentato l’Internet commerciale, spesso a spese del pubblico.

Lo stesso presidente della Securities and Exchange Commission (Sec), Gary Gensler, ha avvertito che la presenza di un piccolo numero di modelli e attori dell'IA alla base dell'ecosistema comporta rischi sistemici per l'ordine finanziario, in cui gli effetti di un singolo fallimento potrebbero essere distribuiti molto più ampiamente.

La tentata estromissione e la successiva reintegrazione dei cofondatori di OpenAI, Sam Altman e Greg Brockman, non solo mette in luce il potere e l'influenza di Microsoft, ma dimostra anche che questi accordi commerciali conferiscono alle Big Tech un profondo controllo sulla traiettoria dell'IA. Ora Microsoft ha un posto nel Consiglio di amministrazione di OpenAI, anche se senza diritto di voto.

Ma la vera leva che Big Tech detiene nel panorama dell'IA è la combinazione della sua potenza di calcolo, dei suoi dati e della sua vasta portata sul mercato. Per perseguire il suo approccio, OpenAI ha stretto un accordo. Ha concesso in licenza esclusiva a Microsoft il suo sistema GPT-4 e tutti gli altri modelli OpenAI, in cambio dell'accesso all'infrastruttura informatica di Microsoft.

Per le aziende che sperano di costruire modelli di base, ci sono poche alternative alla collaborazione con Microsoft, Google o Amazon. Chi è al centro dell'IA lo sa bene, come dimostra la ricerca furtiva di Sam Altman di investimenti sovrani sauditi ed emiratini per finanziare un’azienda di hardware che sperava potesse competere con Nvidia. Quest'ultima detiene un quasi monopolio sui chip all'avanguardia per l'addestramento dell'IA e rappresenta un altro punto di strozzatura fondamentale lungo la filiera dell’intelligenza artificiale.

La concentrazione di potere

Alternative? Per i tre autori, ce ne sono poche. Anche la stessa “IA open-source", un concetto che attualmente viene usato per descrivere tutto, non può da sola offrire una fuga dalla concentrazione. Per prima cosa, molti progetti di IA open-source operano attraverso crediti di calcolo, condivisione dei ricavi o altri accordi contrattuali con giganti tecnologici. Inoltre, le Big Tech hanno una lunga tradizione di appropriazione o di altri tentativi di trarre profitto dallo sviluppo open-source. L'IA open-source può offrire trasparenza, riutilizzabilità ed estensibilità, e questo può essere positivo. Ma non risolve il problema della concentrazione di potere nel mercato dell'IA.

La saga OpenAI-Microsoft dimostra anche un fatto che spesso si perde nel clamore dell'IA: non c'è ancora un modello di business chiaro al di fuori dell'aumento dei profitti del cloud per le Big Tec,h attraverso l'abbinamento dei servizi di IA con l'infrastruttura cloud. E un modello di business è importante quando si parla di sistemi che possono costare centinaia di milioni di dollari per essere addestrati e sviluppati.

Ma Microsoft non è l'unica, precisano gli autori: Amazon, per esempio, gestisce un mercato per i modelli di IA, sul quale tutti i suoi prodotti operano utilizzando Amazon Web Services. L'azienda ha recentemente concluso un accordo di investimento fino a 4 miliardi di dollari con Anthropic, che si è anche impegnata a utilizzare il chip interno di Amazon, Trainium, ottimizzato per la creazione di IA su larga scala.

Un regime di responsabilità

La regolamentazione potrebbe essere d'aiuto, ma spesso le politiche governative finiscono per rafforzare, anziché mitigare, il potere di queste aziende che fanno leva sul loro accesso al denaro e sul loro peso politico. Gli autori citano a questo proposito le recenti mosse di Microsoft nel Regno Unito: la scorsa settimana ha annunciato un investimento di 2,5 miliardi di sterline per la costruzione di infrastrutture cloud nel Regno Unito, mossa lodata dal primo ministro ma che anche un chiaro tentativo di smussare un'indagine sul mercato del cloud da parte dell'autorità di regolamentazione della concorrenza del Regno Unito, che ha specificamente richiamato le preoccupazioni registrate in merito al comportamento anticoncorrenziale della stessa Microsoft.

I tre autori rimarcano come si stia assistendo a prese di posizione sempre più aggressive da parte di grandi aziende, che cercano di rafforzare il loro dominio esercitando il loro considerevole potere economico e politico, ora che stanno emergendo nuovi regolamenti dalla Casa Bianca, dall'UE e da altri paesi.

Ma l’appello dei tre esperti è chiaro: occorre andare molto oltre e istituire un regime di responsabilità significativo e solido che ponga gli interessi del pubblico al di sopra delle promesse di aziende che non sono famose per mantenerle. Occorrono obblighi di trasparenza aggressivi, che eliminino l'opacità su questioni fondamentali come i dati a cui le aziende di IA accedono per addestrare i loro modelli. Regimi di responsabilità che impongano alle aziende l'onere di dimostrare il rispetto degli standard di base in materia di privacy, sicurezza e pregiudizi prima che i loro prodotti di IA siano resi pubblici. E una regolamentazione coraggiosa che imponga una separazione commerciale, che non permetta alle Big Tech di sfruttare il proprio dominio nelle infrastrutture per consolidare la propria posizione nel mercato dei modelli e delle applicazioni di IA.

Ma, concludono con una punta di amarezza i tre commentatori, se i governi continueranno a dare allo stesso gruppo ristretto di interessi industriali il primato nella guida delle nuove politiche, non andremo lontano: “dopo gli eventi di OpenAI, è fin troppo chiaro a cosa servono queste aziende: a fare profitti”.


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